La Corte costituzionale definisce “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio” la regola finora adottata in base alla quale la progenie adotta automaticamente il cognome del padre. Ora i figli assumeranno i cognomi di entrambi i genitori, nell’ordine da loro scelto.
La decisione della Corte
La Corte costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, si è pronunciata in merito all’illegittimità della norma che impediva ai genitori, seppur di comune accordo, di dare al proprio figlio il solo cognome della madre, oltre che di dare entrambi i cognomi del padre e della madre in assenza di accordo, associando di default il cognome del padre.
La norma è stata dichiarata in contrasto con gli artt. 2, 3 e 117 comma 1 della Carta e con gli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutelano il diritto alla vita privata e familiare e vietano le discriminazioni fondate sul sesso.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale della regola finora applicata riguarda sia i figli nati nel matrimonio sia quelli nati fuori dal matrimonio, oltre che i figli adottivi.
Viene meno, quindi, l’art. 262 del Codice civile che definisce che “Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre”.
Ora è compito del Parlamento muoversi in accordo con quanto definito dalla Corte costituzionale, regolando alcuni aspetti e trovando soluzioni, ma sempre nel rispetto di quanto definito dalla Corte.
Decisione che prevede che i figli assumeranno automaticamente entrambi i cognomi dei genitori nell’ordine da loro scelto; a meno che non decidano, di comune accordo, di attribuire solamente il cognome di uno dei due.
Un’attesa lunga 16 anni…
Il caso nasce da una coppia lucana che si è vista respingere la richiesta presentata ai magistrati del tribunale di Lagonegro di poter attribuire al terzo figlio il solo cognome materno, lo stesso attribuito ai precedenti due figli quando la coppia non era ancora sposata. La decisione viene impugnata davanti alla Corte di Appello di Potenza che a novembre 2021 invia alla Consulta l’eccezione di costituzionalità.
A differenza di quanto accaduto in merito al suicidio assistito, al carcere per i giornalisti e all’ergastolo ostativo, questa volta la Corte non ha dato il tempo prefissato di 12 mesi al Parlamento per cambiare le regole, visti anche i precedenti fallimentari, ma si è assunta la responsabilità in autonomia di giudicare incostituzionale l’imposizione automatica del solo cognome paterno.
Si tratta di una svolta rispetto all’ormai obsoleta concezione patriarcale della famiglia su cui la Corte costituzionale stava lavorando da tempo: è il 2006 quando per la prima volta la Consulta definisce che il solo cognome paterno è “il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna” chiedendo al Parlamento di cambiare le regole. Senza contare l’ignorata condanna dell’Italia da parte della Corte dei diritti umani del 7 gennaio 2014 che dichiara che “dare ai figli il cognome della madre è un diritto” e consiglia al nostro Paese di “adottare riforme legislative di altra natura”.
È un passo importante verso la parità dei sessi che procede lenta ma inesorabile.
Fonti: Il Sole24Ore – “Cognome del padre, stop automatismo: ai figli quello di entrambi i genitori” / La Repubblica – “Ai figli anche il cognome della madre, la svolta della Corte costituzionale”