L’iter legislativo
La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi entra a far parte, dopo un’attesa durata fin troppo tempo, della Costituzione della Repubblica Italiana, ovvero della legge fondamentale posta al vertice della gerarchia delle fonti del nostro ordinamento giuridico. Era il 1979 quando la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5172/79, sancì “l’esistenza di un diritto all’ambiente salubre, sia pure come corollario del diritto alla salute” *. Lo scorso otto febbraio, a distanza di più di quarant’anni da quella storica pronuncia, l’Aula della Camera dei Deputati ha definitivamente approvato, in quarta e ultima lettura, con 468 voti a favore, un voto contrario e sei astenuti, il disegno di legge che modifica due disposizioni della nostra carta fondamentale: l’articolo 9, rientrante tra i principi fondamentali, e l’articolo 41, incluso nella parte dedicata ai “diritti e doveri dei cittadini”. Essendo già stato approvato dal Senato della Repubblica a maggioranza qualificata lo scorso novembre, il testo della legge di riforma ha terminato ufficialmente il suo iter, senza necessità di essere sottoposto a referendum popolare confermativo.
Gli articoli oggetto di modifica
Il provvedimento, quindi, dopo la promulgazione del capo dello Stato, verrà immediatamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Nello specifico, le principali novità introdotte possono essere così brevemente sintetizzate: all’articolo 9, il quale sancisce il principio culturale e ambientalista cui il nostro Paese deve tendere, viene aggiunto un terzo comma, a norma del quale la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, formula quest’ultima assolutamente innovativa; all’articolo 41, disciplinante l’iniziativa economica privata, viene stabilito invece che la stessa non può in nessun caso arrecare danno, oltre alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, anche alla salute e all’ambiente. In generale, però, le modifiche appena descritte appaiono tanto necessarie quanto ambiziose. Esse, infatti, se non accompagnate da leggi, da norme attuative e da una forte volontà politica e collettiva serviranno a ben poco nel contrastare concretamente i cambiamenti climatici in atto.
L’esempio della nuova Costituzione cilena
Volgendo lo sguardo altrove, oltre i confini nazionali e comunitari, fa decisamente notizia quanto sta accadendo in Cile, impegnato nella stesura di una nuova Costituzione, la prima in assoluto a riconoscere l’emergenza climatica, che dovrà sostituire quella redatta durante il lungo periodo contrassegnato da Pinochet. Un esperimento senza precedenti che rischia, in positivo, di cambiare il corso degli eventi, e che vede in Gabriel Boric, il più giovane presidente del Paese sudamericano, da pochi mesi eletto, il suo principale promotore. I lavori della Costituente, pienamente paritetica formata da 78 uomini e 77 donne, con un’età media di 45 anni (la più giovane ha appena 22 anni) sono iniziati lo scorso mese di luglio. I 155 membri avranno nove mesi di tempo per completarla, prorogabili una sola volta per non più di tre mesi, portando alla luce un testo che tuteli le tematiche che più interessano la popolazione cilena: democrazia, rispetto dei diritti umani e, per l’appunto, tutela ambientale.
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