Il whistleblowing è la segnalazione effettuata da un dipendente o da una figura terza, che, nello svolgimento delle proprie attività, rileva un comportamento illecito o una situazione non conforme all’interno della sede di lavoro.
Una Direttiva in risposta ai recenti scandali
Il termine “whistleblowing”, letteralmente blow the whistle, soffiare nel fischietto, fa riferimento all’azione dell’arbitro o del poliziotto che richiama l’attenzione su attività o azioni non consentite affinché vengano fermate.
Il whistleblowing consiste nella segnalazione effettuata da parte di un dipendente o di una terza parte con lo scopo di denunciare attività illecite o fraudolente all’interno di un’Organizzazione.
Sempre più di frequente, anche in applicazione dei modelli esimenti previsti dal D. Lgs. 231/01, le Organizzazioni tendono a dotarsi di procedure dedicate proprio al whistleblowing, mettendo a disposizione del personale interno e di terzi tutti i necessari strumenti per effettuare le segnalazioni.
L’ambito cui si applica il whistleblowing consiste in violazioni di leggi o regolamenti, nella commissione di reati come quello corruttivo e di frode, in gravi situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori o per l’ambiente ed è pertanto da distinguere dalla semplice lamentela, legata, invece, a questioni di tipo personale.
Alcuni tra i recenti scandali tristemente noti rappresentano proprio il frutto di segnalazioni effettuate in ambito di whistleblowing; pensiamo, ad esempio, allo scandalo Volkswagen Diesel Gate che ha visto nel 2015 la casa automobilistica truffare illegalmente i test sulle emissioni negli USA oppure il recente movimento #metoo che ha portato numerose star hollywoodiane a denunciare il produttore Harvey Weinstein per molestie sessuali; lo stesso movimento ha, di fatto, contribuito ad elevare l’attenzione delle aziende sul tema e a mettere in atto strutture adeguate a supportare i dipendenti nella segnalazione di comportamenti illegali o non etici.
In risposta a scandali come Luxleaks, Panama Papers e Cambridge Analytica, l’Unione Europea nel 2019 ha introdotto la Direttiva Whistleblowing con obiettivo principale quello di disciplinare la protezione dei whistleblowers, introducendo norme minime comuni di tutela al fine di dare uniformità a normative nazionali, attualmente estremamente eterogenee e frammentate. A livello nazionale, il whistleblowing, disciplinato in forma molto embrionale dalla Legge 190/2012 (c.d. legge Severino), ha trovato poi una più compiuta regolamentazione nella Legge 179/2017, che prevede più articolate tutele per il settore pubblico (art. 54 bis D.Lgs. 165/2001) ed introduce una seppur limitata tutela del whistleblower nel settore privato (art. 6 co. 2 bis e ss D.Lgs. 231/2001).
Un utile strumento per le Aziende
I whistleblower di fatto forniscono un servizio fondamentale per la loro Organizzazione, considerato che, riducendo il rischio di commissione di illeciti, diminuiscono il rischio di sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive che potrebbero bloccare l’attività e danni reputazionali all’Azienda. Tuttavia, molto spesso si tratta di uno strumento temuto dalle Aziende stesse; tra i timori più diffusi vi è quello che il sistema di segnalazione possa essere abusato dai dipendenti scontenti per inviare segnalazioni infondate nei confronti dei responsabili o degli stessi colleghi. Si tratta in generale di timori infondati: sebbene non si possa escludere la presenza di whistleblower che agiscono in malafede, si tratta in generale di una percentuale talmente bassa da non superare i vantaggi e i benefici ottenuti dall’applicazione di un adeguato ed efficiente sistema di segnalazione.
Affinché un sistema di segnalazione risulti efficace e utile all’Azienda è fondamentale che sia facilmente accessibile e utilizzabile da tutti i livelli dell’Organizzazione e che l’intervento adottato a fronte della segnalazione risulti rapido ed efficiente, anche al fine di infondere fiducia nel buon operato del whistleblower. Un efficace sistema di segnalazione deve, inoltre, assicurare la ricezione confidenziale di ogni segnalazione e l’anonimità del segnalante, garantire il monitoraggio e la gestione delle segnalazioni e permettere la creazione della reportistica necessaria ai fini della registrazione e controllo.
Sebbene la normativa protegga il whistleblower da eventuali ritorsioni, accade comunque che la qualità della vita all’interno dell’Azienda possa risultarne compromessa. I segnalanti spesso vengono isolati e diventano oggetto di fenomeni di mobbing. Nonostante l’anonimità della segnalazione tuteli il whistleblower da tali situazioni, certamente non deve mancare coraggio e determinazione nel segnalare irregolarità o illeciti che possono esporre negativamente i colleghi o l’Azienda in cui si lavora da molti anni.
Ed è proprio al fine di incoraggiare le segnalazioni che la Direttiva dell’Unione Europea è volta anche ad una maggiore garanzia di tutela: la Direttiva vieta, infatti, ritorsioni dirette o indirette come licenziamenti, demansionamenti e altre discriminazioni nei confronti di dipendenti ed ex dipendenti e di altre figure quali candidati, persone vicine ai segnalanti e giornalisti.
È chiaro però che le segnalazioni devono essere basate sull’onestà e sulla veridicità. Non sono ammesse segnalazioni infondate avanzate con il mero scopo di danneggiare colleghi o responsabili o punire l’Azienda per generale scontento. Solo attraverso una diffusa cultura della segnalazione è possibile fare in modo che un utile strumento non si trasformi in un’arma in mano a persone insoddisfatte, spesso inconsapevoli del fatto che danneggiando l’Azienda, danneggiano di fatto sé stesse.