Per fronteggiare l’emergenza in atto le aziende sono costrette a ragionare sulle priorità; una condizione tipica delle start-up, organizzazioni che hanno l’efficienza e la velocità nel loro DNA, le quali dispongono di risorse limitate, dunque sono abituate a ottimizzare per lavorare massimizzando i risultati. L’emergenza che stiamo vivendo a causa del Covid-19 ha quindi obbligato tutte le aziende a ragionare come se fossero start-up.
In effetti è questa la soluzione che può permettere loro di uscire dalla crisi, raccogliendo una nuova sfida per cambiare e migliorare l’approccio sia verso il lavoro che verso il mercato. Il modo di fare impresa è cambiato radicalmente, con una rivoluzione che disegna con chiarezza due traiettorie: la prima mostra le aziende proiettate verso il futuro (la vera natura di una start-up), la seconda quelle che scelgono di restare ferme.
Il cambiare la cultura aziendale diventa vantaggio competitivo
Quando le aziende avranno superato questo delicato momento, quelle che avranno avuto il coraggio di portarsi avanti cambiando la cultura aziendale avranno un consistente vantaggio competitivo rispetto a chi ha semplicemente cercato di limitarne i danni; senza errore non c’è cambiamento, innovazione, progresso.
C’è bisogno di una cultura dell’errore. Prendere decisioni in fretta per cogliere un’opportunità può indurre in errore: non può e non deve essere un problema ma un’altra occasione di apprendimento. Se mi muovo veloce non posso che fare errori ma mi potrà insegnare qualcosa che mi permetterà di continuare a muovermi sempre più veloce facendo un po’ meno errori, permettendomi di andare a una velocità superiore agli altri.
Serve visione e coraggio per affrontare le future sfide
Più di tutto, in questo momento, serve visione e coraggio per affrontare le future sfide ed andare avanti; indietro, ci siamo già stati. Tutte le aziende, chi più chi meno, nell’arco di pochi mesi dall’inizio della pandemia si sono trovate a dover reinventare il proprio quotidiano per cercare di salvare l’azienda ed i collaboratori e, per farlo, hanno già dovuto fare dei cambiamenti, sia sul lavoro stesso che sulla modalità in cui è svolto.
Siamo in un momento di “selezione naturale”; chi si adegua, sopravvive e chi non lo fa, avrà fine certa. Gli esempi non mancano, in quasi tutti i settori, dove il reinventarsi è diventato elemento obbligato (come ad esempio la ristorazione con l’utilizzo massivo del delivery o i negozi con l’apertura di propri “shop on line”).
Bisogna seguire il mercato e non farsi sopraffare da esso
Un’idea per tutte le aziende, nessuna esclusa. Molte hanno visto il mercato del Public Sector come astruso e lontano dalla propria visione di business ma oggi può essere invece la propria salvezza, proponendosi come potenziale fornitore verso gli Enti PA e verso le aziende che sottostanno al DLgs 50/2016 e s.m.i. (legge sugli appalti) in una delle molteplici modalità disponibili (bandi europei, MEPA, SDAPA, albi fornitori, portali, etc.).
Per farlo, non avendo al proprio interno risorse e struttura, è sufficiente (e consigliato) affidarsi a società che lo fanno di mestiere, perché non basta solo partecipare ma “partecipare per vincere” e ciò è possibile con il corretto approccio (amministrativo, per non fare errori formali; tecnico, per recuperare un punteggio tra i migliori; economico, per cogliere l’importo giusto rispetto alla concorrenza) che solo chi lo fa costantemente può rendere disponibile, in una logica consulenziale, verso chi non ha l’esperienza assolutamente necessaria.
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