Il conflitto armato perpetrato sui territori ucraini sta causando devastazione non solo in termini di vite umane ma anche sull’ecosistema, in contrasto con quanto definito dal Primo protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra.
Cosa dice la Legge
L’art. 35 del Primo protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra definisce che:
- in ogni conflitto armato, il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi e mezzi di guerra non è illimitato;
- è vietato l’impiego di armi, proiettili e sostanze nonché metodi di guerra capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili;
- è vietato l’impiego di metodi o mezzi di guerra concepiti con lo scopo di provocare, o dai quali ci si può attendere che provochino, danni estesi, durevoli e gravi all’ambiente naturale.
In riferimento specifico alla tutela dell’ambiente, l’art. 55 del medesimo protocollo definisce che:
- la guerra sarà condotta curando di proteggere l’ambiente naturale contro danni estesi, durevoli e gravi. Tale protezione comprende il divieto di impiegare metodi o mezzi di guerra concepiti per causare o dai quali ci si può attendere che causino danni del genere all’ambiente naturale, compromettendo, in tal modo, la salute o la sopravvivenza della popolazione;
- sono vietati gli attacchi contro l’ambiente naturale a titolo di rappresaglia.
Un ecosistema a rischio
Nonostante gli espliciti divieti, il conflitto in Ucraina sta causando ingenti danni all’ecosistema, a partire dalle sostanze inquinanti rilasciate dalle armi impiegate; queste contengono metalli pesanti e sostanze cancerogene che si depositano sul terreno o vengono trasportate dalle correnti d’aria. Le stesse esplosioni provocate da missili e bombe causano l’immissione in atmosfera di sostanze pericolose, dalle fibre di cemento amianto di cui sono costituiti gli edifici ai metalli pesanti dei siti industriali, dei cavi e delle tubature delle strade. Sostanze che sono in grado di viaggiare per centinaia o migliaia di chilometri trasportate dal vento.
A ciò si aggiunge il rischio legato ai danni che potrebbero subire gli oltre 170 impianti chimici ad alto rischio e i più di 100 impianti dove vengono usati materiali radioattivi, tra cui lo stesso sito di Chernobyl. L’Ucraina conta 15 reattori nucleari che potrebbero essere, seppur non intenzionalmente, colpiti con conseguenze inimmaginabili a livello globale. Senza dimenticare i depositi di materiale e di rifiuti radioattivi che potrebbero essere esposti al lancio delle bombe e dei missili.
Il conflitto in Ucraina non solo rappresenta un rischio per l’inquinamento atmosferico, ma anche per la biodiversità e per la qualità dei corsi d’acqua. La biodiversità del territorio ucraino, già provata dai problemi ambientali degli ultimi anni, risulta ancora più soggetta a stress a causa degli incendi boschivi e, per quanto riguarda le aree protette ai piedi dei Carpazi, a causa dei numerosissimi profughi che vi trovano riparo. Nelle acque che bagnano Mariupol, città letteralmente sotto attacco, attraccano navi che non rispettano i requisiti ambientali di legge.
I danni all’ambiente causati dal conflitto non sono solo diretti; tra i danni collaterali si cita l’interruzione forzata di una spedizione di scienziati inviati per studiare il permafrost (in territorio russo), studio che avrebbe permesso la raccolta di importantissimi dati sui cambiamenti climatici.
I conflitti armati causano gravissimi danni, non solo alle popolazioni coinvolte in termine di perdite umane e all’economia locale e globale, ma anche ad un ecosistema che non si limita ai confini territoriali dei Paesi militarmente coinvolti, in un’escalation di distruzione e devastazione. Da qualunque parte la si osservi, la guerra non ha senso di esistere.
Fonte: Primo protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra / La Repubblica: “Le radiazioni e gli altri danni ambientali della guerra in Ucraina”