In America del sud, una leggenda narra che sia stato il rospo Kururu a portare il fuoco agli uomini dopo averlo rubato agli Urubu, gli avvoltoi guardiani che lo custodivano. In Polinesia, invece, che sia stata una gallina di fango a confidare questo segreto all’eroe Maui. In Normandia si vocifera di un povero scricciolo, che sacrificò le sue piume per portare il fuoco all’umanità e come dimenticare la sofferenza di Prometeo e dell’aquila che lo puniva ad ogni alba. Questa connessione tra fuoco e uccelli si tramanda da tempi immemori e viaggia tra culture e credenze geograficamente e filogeneticamente distanti. Molto affascinante, ma possibile sia tutto frutto di un’enorme casualità? Potrebbe nascondersi qualcosa di più profondo?
Un compagno di vita
Il fuoco ha da sempre accompagnato la storia degli aborigeni australiani, come testimonia l’antropologo Richard A. Gould nel 1971, non solo nella cottura dei cibi o nei rituali religiosi, ma anche come vero e proprio strumento di caccia e di fertilizzazione. I nativi di questa terra impararono ben presto a manipolare il fuoco per stanare e uccidere animali durante le battute di caccia e allo stesso tempo per rendere più produttivo il suolo. È uno strumento molto importante nelle pratiche di vita comune, ma l’essere umano sembrerebbe non essere l’unico abitante così avvezzo a questa tradizione.
Tra mito e scienza
Uno studio riportato sul Journal of Ethnobiology ci racconta di alcuni rapaci, in particolare il nibbio bruno (Milvus migrans), l’aquila fischiatrice (Haliastur sphenurus) e il falco bruno (Falco berigora), che sono stati visti attendere pazientemente la fuga di piccoli animali durante gli incendi, per poi cacciarli. Nulla di strano, fino a quando sono emerse delle testimonianze su un comportamento molto insolito e incredibile: alcuni esemplari sembravano capire perfettamente la relazione di causa-effetto tra il fuoco e la preda, tanto da prendere appositamente dei rami infuocati per poi lasciarli cadere, appiccando così, nuove fiamme e nuove occasioni di caccia e di cattura. Questo comportamento è stato osservato anche in Africa orientale, Africa occidentale, Nuova Guinea, Panama ecc.
Purtroppo, le prove significative (come foto e video) a sostegno di questo fenomeno sono molto scarse, ma le testimonianze sia degli aborigeni che di altre persone (tra cui vigili del fuoco) sono numerosissime. Ci sono molti dubbi sull’intenzionalità effettiva dei rapaci nell’appiccare questi fuochi, alcuni etologi sostengono che siano solo casi accidentali e casuali. Quello che sappiamo è che una ricerca etno-ornitologica sugli uccelli e sul fuoco dovrebbe adottare un approccio multidisciplinare con nozioni antropologiche, geografiche e storiche per aiutarci a comprendere la modalità e il cambiamento del paesaggio. Esistono molte storie aborigene legate a questo fenomeno, che rendono quasi realistiche alcune antiche credenze come quella del medico aborigeno Waipuldanya, cresciuto con un’educazione occidentale ma sempre rimasto legato alla sua tribù, secondo cui gli antichi uomini impararono dagli uccelli a padroneggiare l’arte del fuoco.
I miti, le leggende e le storie tramandate assumono molto spesso un significato scientifico a testimonianza del ruolo della co-evoluzione tra uomo e natura, nel modificare e nel determinare il mondo in cui ci troviamo oggi. Rimane incredibilmente affascinante come storie apparentemente così surreali e distanti tra loro possano portare il loro contributo nella comprensione della realtà scientifica che ci circonda e nella storia della nostra evoluzione come Homo sapiens.
Beatrice Lotto
Fonti:
https://www.braciamiancora.com/come-e-nato-il-fuoco-ogni-civilta-ha-il-suo-mito-da-raccontare/
Mark Bonta, Robert Gosford, Dick Eussen, Nathan Ferguson, Erana Loveless, Maxwell Witwer “Intentional Fire-Spreading by “Firehawk” Raptors in Northern Australia,” Journal of Ethnobiology, 37(4), 700-718, (1 December 2017)
https://www.scienzintasca.it/gli-incendi-e-laustralia-un-rapporto-di-ben-50000-anni/