L’autismo, o più correttamente lo “spettro autistico”, è rappresentato da una serie eterogenea di disturbi del neurosviluppo, caratterizzata da diverse tipologie e gravità di deficit comunicativi, sociali e cognitivi. Da sempre si cerca di fare chiarezza sulle sue basi, ancora non identificate, ed oggi, grazie ad una ricerca italiana, è stata fatto un passo avanti.
I disturbi dello spettro autistico
Solo in Italia si stima che 1 bambino su 77 manifesti disturbi legati allo spettro autistico, notando una più ampia diffusione di questa condizione nei maschi (4,4 volte maggiore).*
Questa tipologia di disturbi risulta evidente già dai primi anni di vita, si caratterizzano tipicamente da problemi di socializzazione e comunicazione, specialmente quella non verbale; è tipico che un bambino affetto da autismo non guardi le persone negli occhi e non sia in grado né di decifrare né di utilizzare le espressioni di mimica facciale. Altro segno caratteristico è rappresentato dai cosiddetti comportamenti stereotipati, ovvero il ripetere all’infinito alcuni gesti di routine o presentare attaccamento smodato per alcuni oggetti o, ancora, il ripetere movimenti sempre uguali.
L’aspetto cognitivo, in molti casi di disturbi legati allo spettro autistico, non è esente da compromissione.
Ad oggi non si conoscono nel dettaglio le specifiche cause che portano allo sviluppo di questo tipo di condizione, anche se la ricerca sta chiarendo sempre più aspetti legati alle dinamiche alla base dello spettro autistico.
La nuova scoperta: l’iperconnessione
È recentissima la divulgazione della scoperta effettuata da un team di ricerca italiano, capitanato da ricercatori dell’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) e dell’Università di Pisa, i quali hanno individuato nell’iperconnessione la base delle disfunzioni legate ad una specifica forma di autismo.
In particolare, quello che gli scienziati hanno riscontrato, è la presenza di un eccessivo numero di sinapsi a livello di un’area del cervello adibita alla comunicazione; le sinapsi rappresentano le connessioni funzionali tra diversi neuroni, fisiologicamente alla base della rete neuronale cerebrale. La loro eccessiva presenza porta ad un’alterazione disfunzionale della capacità dei neuroni di ricevere ed inviare messaggi, incidendo in modo negativo sulla capacità comunicativa del soggetto.
Approfondendo l’analisi dei neuroni presenti in quest’area è stato possibile notare come questa condizione, a sua volta, dipenda dall’alterazione di una proteina chiamata mTOR, che ha tra le sue funzioni quella sviluppare e regolare proprio le sinapsi.
L’ipotesi è stata inoltre confermata dall’evidenza che, andando ad inibire la funzione della proteina mTOR, non solo “il numero di sinapsi ritorna a livelli fisiologici” ma si è anche in grado di “ristabilire completamente la corretta funzionalità dei circuiti cerebrali coinvolti”.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications**, riporta i dettagli di questa scoperta, che potrebbe rappresentare una svolta per il trattamento dei pazienti affetti da questa disfunzione dello spettro autistico.
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