Il salario minimo garantito
È tornato in voga nelle ultime settimane, dopo un periodo in cui è rimasto apparentemente sopito, il dibattito sulla necessità di introdurre anche in Italia il cosiddetto salario minimo garantito per tutti i lavoratori dipendenti. Tema sicuramente caldo che costituirà un probabile terreno di scontro tra politica e parti sociali, quest’ultime capitanate innanzitutto dai sindacati, il salario minimo è, secondo un’attendibile definizione fornita dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), “l’ammontare di retribuzione minima che per legge un lavoratore riceve per il lavoro prestato in un determinato arco di tempo, e che non può essere in alcun modo ridotto da accordi collettivi o da contratti privati” *. La finalità principale che un provvedimento di tale portata persegue è sicuramente quella di favorire il contrasto alla povertà e allo sfruttamento lavorativo, garantendo una retribuzione che sia dignitosa e soprattutto commisurata al lavoro effettivamente prestato, principio che, tra l’altro, trova esplicita tutela all’interno dell’articolo 36 della Costituzione.
L’attuale quadro europeo
A livello continentale, tra gli stati che fanno parte dell’Unione Europea, ventuno di essi hanno già provveduto a introdurre il salario minimo garantito. L’Italia non è tra questi, e nemmeno l’Austria, la Danimarca e la Svezia. Nel nostro paese, in particolar modo, il livello minimo di retribuzione viene tuttora fissato attraverso il ricorso alla contrattazione collettiva, vale a dire accordi stipulati tra sindacati e organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro, disciplinanti alcuni specifici aspetti del rapporto di lavoro tra cui, per l’appunto, il livello retributivo. A livello europeo, le soglie minime garantite variano in relazione all’area geografica di pertinenza e al relativo costo della vita. Un’indagine condotta dall’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione Europea, infatti, rivela che gli importi inferiori vengono corrisposti nell’est europeo, dove non si superano i 700 euro mensili. La situazione è decisamente migliore in altre realtà come Francia, Germania e Olanda, dove lo stipendio non può scendere al di sotto dei 1500 euro al mese.
Le prime reazioni
Il recente rilancio della proposta da parte di alcuni esponenti politici ha pertanto riaperto un’intensa discussione in merito. Le posizioni, tuttavia, sono parecchio divergenti e non mancano forti resistenze al riguardo. Favorevole si è mostrato Pasquale Tridico, Presidente dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), il quale considera il salario minimo garantito una misura fondamentale per migliorare le condizioni socioeconomiche di giovani e donne. Forti perplessità, invece, vengono sollevate dagli imprenditori, intimoriti principalmente da un possibile aumento del costo del lavoro – le stime in tal senso parlano di un aumento di circa il 20% corrispondendo un salario minimo di circa nove euro lordi. E nemmeno i sindacati, a dispetto di quanto si possa pensare, ne sono del tutto convinti e invitano perciò alla cautela, preoccupati in buona sostanza dalla possibile riduzione del loro peso nelle contrattazioni tra lavoratori e aziende.
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