In Italia, l’ascensore sociale non funziona più. O, per meglio dire, non funziona come dovrebbe. Anziché protendere verso l’alto, esso tende a scendere sempre di più, accentuando le diseguaglianze sociali e allargando, al contempo, il divario generazionale, specialmente in epoca Covid.
Di cosa stiamo parlando
Ma a cosa ci riferiamo esattamente quando utilizziamo l’espressione ascensore sociale? Parliamo, in breve, di un meccanismo che permette a un individuo di elevare, mediante lo sfruttamento di alcuni fattori come il grado di istruzione posseduto e la carriera professionale, la propria condizione socioeconomica nel corso del tempo. Agevola, quindi, il miglioramento del proprio stato sociale rispetto a quello vantato dalla generazione precedente, dai genitori ad esempio. Nella vita reale, purtroppo, non è sempre così semplice e immediato. Secondo una ricerca condotta da Oxfam, confederazione internazionale di organizzazioni non profit impegnata nel contrastare la povertà su scala globale, infatti, “i discendenti delle persone collocate oggi nel 10% più povero, sotto il profilo reddituale, della popolazione italiana avrebbero bisogno di cinque generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale” *.
Come si è arrivati a questo punto
Le cause che hanno portato a una simile situazione di stallo sono molteplici. Due le principali. La prima è strettamente legata alla crisi occupazionale che stiamo da tempo attraversando, con livelli di disoccupazione ormai fissi sopra la soglia del 10%. A ciò si aggiunge il fenomeno dei NEET, acronimo di Not in Education, Employment or Training, ovvero di quella fascia di popolazione compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un contesto formativo. La seconda causa, invece, investe da vicino il settore dell’istruzione, non più in grado di garantire una solida emancipazione sociale. Tutto questo non è solo frustrante e preclusivo alla crescita economia del Paese. È anche lesivo del principio di uguaglianza sostanziale, consacrato all’articolo 3 della nostra carta fondamentale, il quale impegna esplicitamente le istituzioni repubblicane a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Dove intervenire
La conseguenza più drammatica di quanto finora esposto è rappresentata dal rischio concreto di ancorare il proprio stato a condizioni che potremmo definire di partenza, quali ad esempio ceto, sesso o luogo di nascita. Quali azioni intraprendere, dunque, per sbloccare il meccanismo e favorire la mobilità sociale? Innanzitutto, una prima misura consiste nel combattere gli squilibri nella distribuzione della ricchezza a livello nazionale tramite apposite politiche di sostegno al reddito. Inoltre, un’altra misura necessaria su cui soffermarsi concerne l’abbandono scolastico, fenomeno preoccupante che interessa, secondo gli ultimi dati Istat, almeno il 13,5% dei ragazzi, ben al di sopra della media europea. Da ultimo, risulta fondamentale operare un deciso rafforzamento dei servizi per l’impiego, a cui spetta il compito arduo di coordinare l’incontro fra la domanda e le offerte di impiego con l’obiettivo di agevolare l’integrazione dei disoccupati nel mercato del lavoro.
Fonti:
- https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2019/09/MB_NON-RUBATECI-UL-FUTURO.pdf *;
- https://www.ilsole24ore.com/art/perche-l-ascensore-sociale-e-bloccato-AEHj9Q1G ;
- https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/13/in-italia-lascensore-sociale-e-fermo-e-la-colpa-e-anche-dellabbandono-scolastico/4892684/ .