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Le spiagge libere in Italia sono in costante diminuzione

Prese d’assalto durante il periodo estivo da vacanzieri sia italiani che stranieri, le spiagge italiane sono sempre meno libere. Lungo tutta la penisola, infatti, diminuiscono di anno in anno le aree costiere sabbiose di libera e gratuita fruizione, per gran parte occupate da stabilimenti balneari.

Un trend in crescita

A lanciare un grido di allarme è stata, da qualche settimana a questa parte, Legambiente, la principale associazione ambientalista italiana senza fini di lucro, la quale ha presentato il Report Spiagge 2021, sottolineando come “in nessun Paese europeo esiste una situazione simile di gestione delle spiagge” *. I risultati emersi non sono incoraggianti e non possono, e soprattutto non devono, lasciare indifferenti. Nel corso di quest’anno, le concessioni balneari sul territorio nazionale, spesso concesse dietro pagamento di canoni irrisori se rapportati agli incassi milionari che sono in grado di garantire, hanno superato quota 12.166, facendo registrare un aumento del + 12% rispetto agli ultimi dati in possesso del Demanio risalenti all’anno 2018. A guidare questa particolare classifica troviamo la Liguria, seguita a ruota dall’Emilia-Romagna e dalla Campania, con percentuali di coste occupate che raggiungono punte anche del 70%.

Il contributo dell’erosione costiera e dell’inquinamento

A determinare il restringimento delle spiagge libere contribuiscono, inoltre, almeno altri due fattori, oltre a quello sopra richiamato, da tenere in debita considerazione. Innanzitutto, a pesare e, al contempo, preoccupare maggiormente è il fenomeno aggressivo dell’erosione costiera, processo accelerato esponenzialmente nel corso degli ultimi decenni dai cambiamenti climatici, e che interessa a oggi, secondo le ultime stime, circa il 46% dei tratti sabbiosi, nonostante i milioni stanziati annualmente per cercare di arginarlo. In secondo luogo, poi, ad aggravare la situazione subentra la questione relativa alle aree non balneabili, complessivamente il 7,7%, ovvero porzioni di costa interdette alla balneazione per motivi legati principalmente alla grave piaga dell’inquinamento.

Un patrimonio da salvaguardare

Urge dunque una soluzione in materia, efficace e tempestiva, se si vuole salvaguardare un patrimonio ambientale e pubblico di ineguagliabile valore. A questo proposito, una strada percorribile, indicata e sostenuta dalla stessa Legambiente, potrebbe essere quella di determinare a priori, tramite un’apposita norma, i metri quadrati di spiaggia che obbligatoriamente devono essere lasciati liberi e non formare, pertanto, oggetto di concessione. Iniziativa in verità già intrapresa in alcune Regioni d’Italia. In Puglia e in Sardegna, ad esempio, le più virtuose in tal senso, dove la percentuale di spiaggia da destinare alla libera fruizione ha raggiunto il 60% del totale. In altre, per contro, come ad esempio in Veneto, in Toscana, in Basilicata ma anche in Sicilia, proposte del genere stentano a decollare.

Fonti:

Francesco Di Raimondo