Amici nella vita e avversari nello sport, Tamberi e Barshim, a parità di misura nella disciplina del salto in alto ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020, hanno scelto l’oro ex equo. Una lezione di vita da cui trarre un prezioso insegnamento.
Un oro ex equo
L’atleta italiano Gianmarco “Gimbo” Tamberi e il qatariota Mutaz Essa Barshim alle finali del salto in alto alle Olimpiadi di Tokyo disputate pochi giorni fa si sono trovati davanti ad una scelta, forse difficile per tanti, ma non per loro, amici di lunga data.
Il regolamento prevede che, a parità di altezza raggiunta, di numero di tentativi a quota inferiore sbagliati e di numero di tentativi per l’ultima quota stabilita, si vada allo spareggio sull’ultima altezza raggiunta; se l’altezza non viene superata, si passa alla misura precedente e via di seguito fino alla vittoria dell’atleta che salirà sul gradino più alto del podio, a meno che…a meno che i due atleti decidano di comune accordo di condividere la medaglia, d’oro in questo caso.
È quanto è successo tra Tamberi e Barshim: dopo aver raggiunto l’altezza della sbarra di 2,37 m, entrambi hanno fallito i tre tentativi a disposizione per superare i 2,39 m. Ritrovandosi in una situazione di perfetta parità, i due atleti avrebbero dovuto scegliere se proseguire con lo spareggio saltando i 2,37 m e andare a ritroso, nel caso di parità, fino all’errore di uno dei due, determinando l’atleta vincitore, oppure condividere la medaglia.
La scelta è stata naturale: alla domanda di Barshim “Possiamo avere due ori?” è seguito l’immediato e incondizionato consenso di Tamberi. La vittoria è stata condivisa e i due atleti sono saliti insieme, come nella vita, sul gradino più alto del podio.
Una vittoria da cui trarre un prezioso insegnamento
È la prima volta nella storia dei Giochi Olimpici che accade un evento del genere, una storia bella da raccontare negli anni a venire.
Un’emozione pura, profonda, vissuta non solo dagli atleti in prima persona ma da tutti noi che abbiamo assistito al salto di Tamberi tra le braccia dell’amico e avversario Barshim alla notizia dell’oro ex equo. Un oro in cui, come ha dichiarato l’atleta italiano, “ci sono tante cose”, dal desiderio di rivincita dopo l’infortunio nel 2016 che ha interrotto il suo percorso verso le Olimpiadi di Rio, fino all’amicizia profonda con l’atleta del Qatar.
Un oro in cui troviamo un esempio di sportività ai livelli di un passaggio di borraccia che ha scritto la storia e che ci insegna che dalla collaborazione tutti escono vincitori. Uno modus operandi che dovrebbe essere adottato nella vita di tutti i giorni, a partire dall’ambiente lavorativo fino all’ambito sociale e ai rapporti con amici e famigliari.
È, infatti, attraverso la collaborazione, letteralmente il lavorare insieme, che è possibile raggiungere traguardi altrimenti irraggiungibili. Se, difatti, gli atleti avessero deciso di proseguire con lo spareggio, perseguendo la competizione e lo scontro, uno solo dei due avrebbe raggiunto il traguardo sperato, l’ambito gradino più alto del podio; entrambi avrebbero, però, perso davvero qualcosa, chi da una parte, la medaglia d’oro, chi dall’altra quel lato umano che ci contraddistingue e che ci rende belli.
Un insegnamento che va ben oltre il mondo dello sport.