È ormai risaputo che la Pandemia non ha causato solo danni fisici all’essere umano. L’emergenza sanitaria, infatti, ha costretto molti di noi a cambiare le proprie abitudini. Questo ha portato ad un drastico aumento in percentuale delle cosiddette malattie invisibili, malattie che, come si deduce dal termine stesso, non sono immediatamente visibili ad occhio nudo, ma non per questo sono di minore importanza.
Il Burnout
Nel Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro non vi è ancora una norma specifica che parli di Burnout.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il Burnout come un fenomeno occupazionale dovuto a stress cronico mal gestito. Tale termine è stato utilizzato per la prima volta negli anni ‘70 del secolo scorso con un preciso riferimento alle professioni sanitarie e assistenziali o comunque a quelle attività che sono deputate alla gestione di emergenze e quindi sottoposte a costante stress. Con il passare del tempo il concetto di Burnout si è diffuso in qualunque ambito lavorativo in cui ci siano elevate possibilità di tensione e pressione.
Tre sono le principali cause della sua diffusione:
- ragioni sociali e culturali;
- cause tecnico-organizzative;
- motivi psicologici-individuali.
Covid-19 e Burnout: un legame da non sottovalutare
Se di norma le cause scatenanti del Burnout sono quelle illustrate nel paragrafo precedente, la diffusione della Pandemia da Covid 19 ha introdotto ulteriori due fattori:
- la mancata capacità di organizzazione che porta spesso ad avere orari imprecisi;
- l’impossibilità o l’incapacità di disconnettersi dal lavoro.
Situazioni di tal genere, alla cui base sta spesso la mancata capacità di organizzazione del singolo dipendente, hanno portato spesso a una sorta di esaurimento nervoso per eccessivo investimento di tempo ed energie sull’attività lavorativa.
Secondo dati recenti è stato osservato che la giornata lavorativa dura circa da 1 a 3 ore in più per i lavoratori in smart working, in quanto si tende a essere reperibili anche fuori dall’orario di lavoro.
Il risultato? Circa due lavoratori su tre, quindi il 69% dei dipendenti, soffre della sindrome di Burnout. In un anno e mezzo la percentuale della diffusione di questa sindrome è aumentata del 20%.
Si è così cercato di arrivare a dare delle soluzioni per ridurre la diffusione di questo particolare rischio di stress da lavoro correlato. Le principali sono le seguenti:
- fissarsi degli obbiettivi che siano oggettivamente più facili da raggiungere;
- lavorare in un ambiente definito;
- ritagliarsi del tempo libero per poter svolgere le proprie passioni;
- stilare una lista di priorità così da poter migliorare l’organizzazione della propria giornata.
L’obbiettivo di queste best practices? Di certo la possibilità di proporre al singolo lavoratore idee per il miglioramento della gestione del tempo vita-lavoro.
Note: