La PAC, acronico di politica agricola comune, costituisce il complesso di regole che l’Europa predispone per assicurare il corretto funzionamento del settore agricolo. Rappresenta una delle politiche comunitarie di maggior importanza e storicamente impegna, da sola, la fetta più cospicua del bilancio pluriennale dell’Unione, ovvero circa il 40%.
Storia e finalità
Varata oltre mezzo secolo fa, in uno scenario europeo caratterizzato da una forte arretratezza rurale, la PAC persegue, come emerge chiaramente dall’articolo 39 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, diverse finalità, sintetizzabili come segue. Essa tende al potenziamento della produttività agricola e al mantenimento di prezzi accessibili per quanto riguarda gli alimenti. Al contempo, è uno strumento utile, se non addirittura indispensabile, sia per garantire un tenore di vita ragionevole agli operatori del settore, sia per tutelare gli stessi dai sempre più frequenti cambiamenti climatici, in grado di provocare danni irreversibili al sistema agroalimentare. Inoltre, la PAC mira alla salvaguardia delle aree rurali, all’incremento dei livelli occupazionali e, aspetto da non trascurare, al miglioramento delle condizioni di lavoro di quanti, ancora oggi, vengono impiegati in condizioni di perenne sfruttamento.
I pilastri fondanti della nuova politica agricola
La PAC viene aggiornata ogni sette anni. La scorsa settimana è stato raggiunto, dopo tre lunghi anni di negoziati, l’accordo sulla nuova politica agricola, relativa al periodo compreso tra il 2021 e il 2027. Tale accordo, ancora provvisorio in attesa di essere sottoposto il prossimo ottobre al voto della plenaria del Parlamento europeo, si muove lungo tre direttrici. La futura politica, infatti, sarà più equa, con l’introduzione della condizionalità sociale e della ridistribuzione del sostegno al reddito a favore delle aziende più piccole. Ancora, sarà più verde, attraverso misure di sostegno finalizzate a favorire la transizione verso un’agricoltura sostenibile e maggiormente attenta all’esigenze climatiche, di concerto con il Green Deal, l’ambizioso piano attraverso il quale l’Europa punta alla neutralità climatica entro il 2050. Infine, sarà più flessibile, dato che ogni Stato membro avrà il compito di redigere un suo personale piano strategico comprensivo delle iniziative da attuare per conformarsi agli obiettivi della PAC.
Un coro di dissenso
Mentre l’Europa parla di progresso, le associazioni ambientaliste, al contrario, parlano invece di un disastro annunciato. Dal canto loro, la nuova politica agricola ha il difetto di non aver previsto un tetto massimo ai sussidi destinati alle grandi aziende agricole, in passato le maggiori percettrici dei finanziamenti, a discapito ovviamente delle aziende più modeste. Inoltre, le associazioni lamentano la risibile quota del budget riservata agli ecoschemi, ovvero schemi volontari che fanno scattare meccanismi premiali a favore degli agricoltori che assumono impegni ambientali. Altro aspetto controverso riguarda, poi, i continui investimenti in agricoltura e allevamenti intensivi, sintomo di un’incapacità stratificata di spostare l’attenzione su forme di agricoltura maggiormente rispettose dell’ambiente.
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