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Quando le materie prime diventano un lusso

Già dalla fine del 2020 stiamo assistendo ad un fenomeno preoccupante quanto inarrestabile: il rincaro delle “commodity”, ovvero delle materie prime o prodotti primari alla base delle produzioni e degli scambi commerciali a livello globale. Petrolio, metalli, materie plastiche, legname: sono solo alcuni esempi del cosiddetto “superciclo” delle materie prime.

Un insieme di concause

In primo luogo, la pandemia. Con la diffusione del COVID19 e i successivi lockdown attuati, la prima situazione presentatasi ha riguardato la chiusura degli impianti di estrazione del petrolio. A ruota, è arrivata la chiusura degli impianti produttivi. Terzo fattore: la repentina ripresa economica di Cina e, subito dopo, degli Stati Uniti che non hanno esitato a premunirsi procurandosi elevatissime quantità di commodities. Il colpo di grazia per l’Europa è stato definito dal calo produttivo legato all’ILVA che ha ulteriormente abbassato (di circa il 60%) la disponibilità di acciaio, precipitando la carenza di semilavorati già avviata (e pressoché consolidata) dalle precedenti concause.

La situazione attuale

Le percentuali riscontrate dalle analisi di mercato riguardano incrementi considerevoli, a volte addirittura vertiginosi, come nel caso del tondo per cemento armato, che vede un aumento del 117% tra novembre 2020 e aprile 2021. Non meno importante la situazione relativa all’acciaio che ha toccato la vetta del +70% ed ai materiali ferrosi che, come indicato da Confapi, nel marzo 2021 si sono attestati a +26% (alluminio), +47% (rame) e +51% (nichel e zinco).

Relativamente alle materie plastiche, la cui produzione è strettamente legata al comparto petrolifero, l’aumento si è attestato al +42% per il PVC, al +34% per il polipropilene e addirittura al +58% per l’etilene.

Trainato dal boom del settore immobiliare USA, anche il legno vede un potente rincaro; questo si evidenzia non solo nell’ambito “arredo”, ma anche relativamente al legno usato per produrre pallet, che vede una crescita stimata al +30%.

L’impatto sulle aziende

Essendo questa una situazione generalizzata e coinvolgendo moltissime commodities facenti capo a diversi settori, risulta chiaro come l’impatto aziendale sia globale; il primo effetto, rappresentato dai cali di fatturato, non è che la “punta dell’iceberg” della difficoltà sempre maggiore di mantenimento della continuità nelle filiere produttive.

Un esempio lampante di questa situazione è rappresentato dal settore automotive, a livello del quale la mancanza di materiale semiconduttore ha creato una “corsa ai microchip”, componenti essenziali per garantire diverse funzionalità avanzate di alcuni modelli di automobile, i quali sono andati inevitabilmente incontro ad una riduzione o, addirittura, sospensione della produzione.

Sul lungo periodo, invece, non è difficile immaginare come il rincaro sopra descritto verrà a propagarsi nella catena di fornitura, arrivando a riflettersi da fornitore a cliente, fino all’utilizzatore finale.

Uno sguardo al futuro

Una previsione viene data da Roberto Antonietti, professore associato di politica economica dell’Università di Padova, il quale riporta come “secondo le previsioni della Banca Mondiale e di Intesa San Paolo il prezzo del petrolio e delle materie energetiche correlate dovrebbe assestarsi ad un +30% nel 2021, seguito da un incremento molto inferiore nel 2022 […]. Correlati al petrolio, anche diversi beni agricoli (come il grano) potrebbero vedere un graduale assestamento […] dei prezzi nel 2022, a causa dell’adeguamento dell’offerta e al rallentare della speculazione finanziaria. Per quanto riguarda le risorse metallifere, se il 2021 registrerà un aumento medio dei prezzi pari a circa il 30%, il 2022 potrebbe vedere una riduzione, indotta dall’adeguamento dell’offerta mondiale e dal rallentamento della speculazione finanziaria”.

L’Italia, così come la Francia, la Germania ed il Regno Unito, si trovano di fronte ad un futuro economico impegnativo il cui decorso sarà determinato, così come è stato inizialmente causato, dalle misure che verranno attuate in relazione alla pandemia COVID19 e da quanto le stesse verteranno su progetti d’investimento da parte dei governi.

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Simona De Pedrini

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