Salute e Benessere

Licenziamento e covid-19: facciamo il punto

Da ormai più di un anno la diffusione della pandemia da Covid-19 e la conseguente crisi economica hanno comportato molti risvolti negativi sul mercato del lavoro. Una delle paure più grandi dei lavoratori è stata sicuramente la perdita del posto di lavoro. Ma a che punto siamo oggi a circa un anno dalla diffusione del virus?

Il licenziamento in Italia

Secondo l’art. 2118, co. 1, c.c. “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti (dalle norme corporative), dagli usi o secondo equità”. Come noto, se è il datore di lavoro a recedere dal contratto si parla di licenziamento; la legge prevede però alcuni limiti al licenziamento da parte del datore di lavoro.

Innanzitutto, la Legge del 15 luglio 1966, n. 604 impone il requisito della forma scritta e la precisa indicazione dei motivi che hanno portato il datore di lavoro a prendere tale scelta (art. 2, co. 1-2, Legge 604/1966).

Inoltre, il licenziamento può avvenire solo per tre ragioni:

  • per giusta causa, ex art. 2119 c.c., che si realizza “qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto”. Un esempio significativo riguarda tutte quelle situazioni che comportano una rottura del rapporto di fiducia tra lavoratore e datore di lavoro;
  • per giustificato motivo oggettivo legato esclusivamente a ragioni dipendenti dall’attività imprenditoriale (ad esempio il mutamento dell’assetto organizzativo);
  • per giustificato motivo soggettivo conseguente ad addebiti disciplinari presentati dal datore di lavoro. Caso emblematico sono le lettere di richiamo.

Il Covid-19: cosa cambia?

Una delle prime azioni promosse dal Governo per cercare di ridurre la percentuale di disoccupazione, già molto alta in Italia e in netto aumento nell’ultimo anno a causa della pandemia, è stata quella di impedire alle aziende di licenziare i propri dipendenti e dando loro come unica opportunità la Cassa Integrazione.

Nel mese di marzo il Governo ha approvato il nuovo Decreto Sostegno (D. L. 41/2021) con il quale, oltre a disporre numerose misure a tutela della famiglia e della sanità, ha stabilito il rifinanziamento della Cassa Integrazione, da un lato e il blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno 2021 (al 31 ottobre per le piccole imprese terziare), dall’altro.

Recentemente è stata avanzata la proposta di prorogare ulteriormente il cosiddetto blocco dei licenziamenti fino al 28 agosto così da poter tutelare ancora una volta i lavoratori e le proprie famiglie, includendolo nel nuovo D. Lg. 25 maggio 2021, n. 73, detto “Decreto Sostegni bis”, riportante novità soprattutto per le riaperture delle attività lavorative.

Ma come si è evoluta la situazione? Come si evince dal contenuto di questo nuovo decreto, ad oggi, sembrerebbe essere sfumata l’ipotesi di proroga del cosiddetto blocco dei licenziamenti al 28 agosto 2021. L’unica strada che attualmente risulta essere percorribile consiste, invece, nel vietare il licenziamento dei propri dipendenti alle sole aziende nelle quali è ancora in uso la Cassa Integrazione Guadagni.

Fonti:

https://www.pensionielavoro.it/site/home/wikilavoro/la-fine-del-rapporto-di-lavoro/il-licenziamento/articolo24526.html#:~:text=La%20legge%20sui%20licenziamenti%20individuali%20%28%20L.%20n.,la%20specificazione%20dei%20motivi%20che%20lo%20hanno%20determinato.

https://www.filodiritto.com/blocco-licenziamenti-prorogato-fino-fine-giugno-ci-sara-un-altro-rinvio

E. De Vecchi