Il lavoro di ricerca scientifica è caratterizzato da diverse situazioni contrapposte: razionali ferrei che si scontrano con la variabilità imprevedibile dei sistemi biologici, ma anche l’eterna lotta tra la necessità di utilizzare modelli di sperimentazione animale e l’obiettivo di spostare i protocolli su attività cruelty-free. Gli OOC, organ-on-chip (organi su chip), potrebbero rappresentare una valida soluzione a tali situazioni.
La tecnologia
La base degli OOC è legata ai principi di microfluidica, ovvero quella scienza basata sul controllo ad elevata precisione di fluidi che vengono incanalati in reti geometriche di dimensioni estremamente piccole. Sulla base, quindi, di questa struttura di canali, viene predisposta una stratificazione di membrane porose nei cui pori vengono innestate numerose cellule derivate dall’organo di interesse.
Anche se con aspetto visivo molto diverso dal normale, la struttura che si crea grazie alle interazioni delle cellule e dei fluidi presenti nei canalicoli rispecchia profondamente le interazioni presenti nell’organo reale.
Le prospettive
La messa a punto di organi su chip rappresenta, al momento, l’anello di congiunzione tra sperimentazione in vitro e in vivo permettendo, su un sistema fondamentalmente cellulare, di ricreare le modalità di comunicazione di cellule e tessuti che tipicamente è sotto analisi nei modelli animali.
Inoltre, riproducendo una situazione fisiologica su una matrice artificiale, è possibile creare delle condizioni sperimentali di interesse e valutare come l’organo possa reagire in situazioni “su misura”.
Di conseguenza, questo modello di sperimentazione risulta ottimale nella ricerca farmacologica, permettendo agli scienziati di lavorare in condizioni specifiche verificando gli effetti di nuovi farmaci.
OOC ai tempi del COVID19
La situazione pandemica insorta nel marzo 2020 ha dato nuova importanza ad uno di questi OOC, ovvero il “polmone su chip”.
Sfruttando questa tecnologia, infatti, sono state ricreate le modalità di funzionamento dei polmoni e degli scambi di gas che avvengono a livello alveolare; questo ha permesso, in due studi scientifici, di verificare aspetti di interesse nella lotta all’infezione da COVID19, in particolare:
– efficacia di farmaci già in uso per altre situazioni patologiche, permettendo di evidenziare risultati promettenti come quelli ottenuti dall’amodiachina, un farmaco antimalarico, che è passato quindi in fase di sperimentazione pre-clinica animale dove ha dimostrato la capacità di ridurre la carica virale del 70% e di bloccare la trasmissione del virus nel 90% dei casi*;
– definizione di modelli innovativi, potenziando i modelli “classici” di polmone su chip, implementandone la costituzione 3D ed avvicinando ancora di più il modello alla situazione reale. Anche in questo caso, il modello sottoposto ad upgrade sarà poi utilizzato per l’effettuazione di screening farmacologico.
Diversi sono gli OOC ad oggi messi a punto quali pancreas, cuore, nervi e addirittura l’intero corpo, utilizzati per verificare l’attività farmacologica in relazione alle situazioni patologiche più svariate.
Risulta quindi evidente come l’utilizzo degli OOC possa rappresentare una modalità di sperimentazione innovativa e che si spera possa, in un futuro, sostituire del tutto i modelli in vivo ed eliminare quindi la pratica di sperimentazione animale.
Fonti:
* https://wyss.harvard.edu/news/human-organ-chips-enable-rapid-drug-repurposing-for-covid-19/
** https://www.brighamandwomens.org/about-bwh/newsroom/research-briefs-detail?id=3887