Come già trattato nel precedente articolo “Il veleno che salva la vita”*, sempre maggior evidenza ed importanza viene data ai veleni nel panorama scientifico, investendo ingenti risorse nella ricerca delle potenzialità, spesso strabilianti, di queste sostanze. Vediamo alcuni tra i più importanti esempi di come una sostanza letale possa essere convertita a salvavita.
Perché i veleni?
La curiosità degli scienziati che studiano i veleni nasce dal fatto che questi rappresentano sostanze caratterizzate dalla presenza di tantissime tossine diverse; le tossine, a loro volta, sono costituite da proteine e piccoli amminoacidi, i peptidi, oltre a molti altri composti quali, ad esempio, ormoni.
Proprio la presenza di tutte queste componenti rende i veleni delle sostanze potentissime ed estremamente efficaci. Aggiungendo a ciò la caratteristica di estrema specificità tipica dei veleni animali, otteniamo delle sostanze in grado di esercitare in modo mirato, efficiente e potente una funzione biologica.
Queste caratteristiche hanno acceso l’interesse dei ricercatori che, studiando e manipolando la loro struttura, riescono a convertire dei veleni mortali in terapie, anche salvavita.
I “veleni terapeutici”
– Veleno di serpente –
Animale velenoso per eccellenza, dal veleno di serpente si ottengono diversi farmaci utilizzati primariamente nelle terapie cardiovascolari, ma anche nel contrasto del dolore cronico.
Date le proprietà emorragiche e anticoagulanti che spesso caratterizzano queste molecole, la loro applicazione si adatta perfettamente a quelle patologie legate alla formazione di trombi, situazione che può portare a ictus e infarto.
Una nuova frontiera è, inoltre, al vaglio dei team di ricerca, ovvero l’applicazione di ricavati del veleno del black mamba nel trattamento del dolore cronico, applicazione legata alla scoperta che le sue tossine risultino efficaci quanto la morfina nell’attenuazione della percezione del dolore.
– Veleno di lucertola e anemoni di mare –
Dalla lucertola più grande degli Stati Uniti, il cosiddetto “mostro di Gila”, o meglio dalla sua saliva, nasce un farmaco in grado di favorire il controllo glicemico nei soggetti affetti da diabete.
Partendo dall’evidenza di come questa lucertola sia grado di mantenere correttamente il proprio livello di glicemia pur nutrendosi solamente di tre lauti pasti all’anno, gli scienziati hanno individuato un componente del veleno del “mostro” in grado di simulare l’attività di un ormone umano coinvolto nella secrezione di insulina. Nasce così un farmaco iniettabile che aiuta il paziente diabetico ad abbassare la glicemia, stimolando il rilascio di insulina in seguito ad aumento dei livelli di glucosio.
Relativamente alle anemoni di mare, invece, uno studio sul loro veleno, ha evidenziato la capacità del composto di inibire in modo estremamente selettivo le cellule del sistema immunitario che, agendo in modo anomalo, sono alla base dello sviluppo di malattie autoimmuni.
I farmaci derivati potrebbero, quindi, da un lato agire portando ad un beneficio terapeutico in situazioni quali lupus, sclerosi multipla, artrite reumatoide, etc… e dall’altro ridurre gli effetti collaterali derivati da una terapia immunospoppressiva ad ampio spettro, e quindi non mirata.
– Veleno di lumache cono –
Animale marino che ci riserva ancora moltissime sorprese, la lumaca cono è dotata di un dente in grado di iniettare il proprio veleno paralizzante nella preda.
Dallo studio delle caratteristiche di queste tossine è emersa una spiccata capacità analgesica, talmente potente da permettere lo sviluppo di un farmaco analogo alla morfina, usato per contrastare il dolore cronico.
La prospettiva sorprendente è data dal fatto che ogni specie di lumaca cono (ad oggi se ne conoscono circa 750) è in grado di produrre il proprio specifico veleno, lasciando aperte moltissime prospettive terapeutiche.
– Ragni e scorpioni –
I peptidi contenuti nel veleno di ragno, anche in questo caso, trovano ampia applicazione come analgesici nella lotta agli stati di dolore cronico.
Davvero particolare risulta, invece, il veleno di scorpione giallo che potrebbe essere usato come una sorta di vernice per evidenziare le cellule tumorali. In questo caso, gli effetti del veleno non sarebbero direttamente terapeutici ma, legandosi in modo selettivo alle cellule tumorali sarebbero in grado, unite ad un fattore colorante, di mettere in evidenza tutte le cellule cancerose, facilitando il lavoro dei chirurghi e assicurando la completa rimozione delle cellule tumorali durante gli interventi in sala operatoria.
Il progetto VENOMICS
L’attenzione sulle potenzialità dei veleni è talmente alta da portare alla costituzione di moltissimi gruppi di ricerca in tutto il mondo. Un esempio europeo è rappresentato dal progetto VENOMICS, avente lo scopo di creare la più grande libreria al mondo di peptidi sintetici. Mediante tecnologie bioinformatiche, i ricercatori coinvolti in questo progetto hanno ricombinato i peptidi dei veleni di 170.000 animali velenosi, estratti da ghiandole velenifere di più di 200 specie diverse, con lo scopo di identificare le varie tossine espresse ed i risultanti peptidi presenti nei veleni. **
Questa libreria funge ad oggi da base nello sviluppo di nuovi farmaci utilizzati in moltissime patologie, facendo passare il veleno da sostanza estremamente letale a grande alleato terapeutico.
Fonti:
* https://www.informaora.com/2021/01/22/il-veleno-che-salva-la-vita/
** https://cordis.europa.eu/article/id/165840-animal-toxins-in-drug-discovery/it