Penso sia successo a tutti gli esseri umani, almeno una volta nella vita, di interrogarsi sull’origine della “malattia”, sulle cause scatenanti e la sua evoluzione. Io provo a farlo adesso.
Sono un medico veterinario, ma in questa sede vorrei – per un attimo – spogliarmi del mio titolo accademico e di una qualsivoglia pretesa di scientificità per condividere con voi lettori l’esperienza che, da qualche mese a questa parte, mi trovo a vivere.
In effetti, il mio percorso accademico è riuscito a fornirmi un buon numero di risposte a questo interrogativo, tuttavia restano alcuni quesiti non secondari.
Il primo quesito
In primo luogo, mi sono chiesta: come mai capita di riscontrare risposte cliniche tanto diverse, a volte addirittura agli antipodi, in pazienti a cui viene formulata una uguale diagnosi e che vengono sottoposti alle medesime cure? Perché in umana esiste il cosiddetto “effetto placebo”? Oppure il suo opposto, ovvero l’”effetto nocebo”? Ma soprattutto: un animale che per definizione non è dotato di una comunicazione e comprensione teoretica, può sviluppare un “effetto placebo/nocebo”?
Proviamo, per un attimo, a richiamare la teoria che descrive tali effetti placebo e nocebo nell’uomo, cominciando dal primo. La teoria afferma che, presi due gruppi di studio, se io somministro ad un gruppo un farmaco e all’altro una pastiglia di acqua e zucchero (il medico non è a conoscenza di chi riceverà il placebo) e descrivo ad entrambi i gruppi gli effetti del farmaco somministrato, un certo numero di persone che avrà ricevuto la pastiglia di acqua e zucchero svilupperà gli stessi effetti terapeutici di chi avrà ricevuto il farmaco vero e proprio.
Al contrario, in merito all’effetto nocebo, la teoria afferma che: se si convince una persona che sta assumendo un farmaco oppure un alimento tossico, ella svilupperà, a causa dell’autosuggestione, dei veri sintomi di intossicazione.
Premessa questa straordinaria capacità attribuibile al cervello umano, e sorvolando sulle mille e più domande esistenziali che potrebbero aprirsi a questo riguardo (giusto per fare qualche esempio: “Se io posso causarmi sintomi di intossicazione anche solo con l’autosuggestione, siamo sicuri che il “martellare” le persone sul fatto che tutto il cibo che assumiamo è avvelenato dai pesticidi non possa far peggiorare ulteriormente la situazione?”; oppure: “Non è che i nostri nonni la sapevano più lunga di noi visto che benedivano il cibo prima di mangiarlo?”, e simili) focalizziamoci per un attimo sul regno animale.
Gli animali domestici di cui mi occupo sono, in assoluto, dei maestri di vita: vivono nel presente e in maniera pragmatica, manifestano i loro bisogni nel momento in cui devono manifestarli, non sopprimono le loro esigenze per far contenti gli altri… e soprattutto, come i bambini, non producono “pensieri tossici”.
Tralasciamo per un attimo le cause ambientali ed alimentari che possono generare una malattia e concentriamoci sulla (tristemente) famosa malattia “psicosomatica” nell’uomo. Ogni terapista sa che sulla base all’emotività del paziente una serie di patologie correlate allo stress cronico possono svilupparsi o peggiorare, e il peggioramento è correlato alle peculiari caratteristiche di ciascuno. Un esempio su tutti è dato dal classico personaggio ansioso e molto dipendente dal giudizio degli altri che, alla lunga, sviluppa una forma di gastrite.
Il secondo quesito
Spingiamoci oltre con un secondo quesito: perché gli animali domestici sviluppano sempre di più patologie simili a quelle del proprietario negli ultimi anni? Le classiche malattie del “benessere”?
Pur tenendo buona la teoria secondo la quale, condividendo l’ambiente in cui si vive, spesso le patologie sono molto simili (a parità di cause ambientali e alimentari si svilupperanno reazioni simili di compensazione), credo che siamo pronti per azzardare delle ipotesi un po’ più “audaci”…
Una importante osservazione
Per fare ciò, torno alla premessa fatta all’inizio dell’articolo, ovvero al fatto che in questo momento voglio spogliarmi del mio titolo accademico per condividere un’opinione personale, basata fondamentalmente sulla mia osservazione. Ho scritto che gli animali non producono “pensieri tossici”, quindi non si autosuggestionano sull’efficacia o meno di un rimedio. Però, ogni proprietario di animale sa che nei momenti più grigi, per esempio un’occasione di sconforto, il suo animale tende spesso a farsi più vicino e a mostrarsi affettuoso.
La frase che mi sento spesso ripetere è la seguente: “Dottoressa, il cane mi legge nel pensiero…”. E, di fatto, in un certo senso è vero. Anche solo per la finezza dell’olfatto, un cane è perfettamente in grado di percepire anche la minima variazione nella composizione chimica del nostro sudore, per non parlare delle micro-espressioni facciali… Entrando nella mia sfera affettiva più vicina, con riguardo ai miei personali animali domestici, posso testimoniare che se al solo pensiero di dover dare un antibiotico al mio gatto, lui – in via preventiva – prende già la porta e… scappa!
Ma torniamo seri. Il mio personale pensiero, di cui spesso rendo partecipi i proprietari degli animali che seguo e curo, è che gli animali percepiscano nei minimi dettagli le nostre paure, le nostre angosce e le nostre ferite emotive, esattamente come i fanno bambini.
Ho perfino notato che quando gli animali sviluppano una malattia, se ci si prende la briga di guardare il “significato emotivo” dell’organo colpito o, dal punto di vista della medicina cinese, a quale elemento è correlato l’organo colpito (Fuoco, Terra, Metallo, Acqua, Legno), si trovano interessanti parallelismi e correlazioni ai disturbi e alle patologie croniche accusate dal proprietario stesso! Addirittura, l’animale si ammala due o tre mesi prima del suo proprietario, del medesimo male.
Conclusioni
La mia conclusione, e il motivo per cui ho voluto condividere la mia riflessione, è questa: vi invito a non sottovalutare mai i segnali che i vostri animali vi mandano, sia a livello comportamentale, sia – successivamente – in termini di sviluppo di una patologia, di risposta alle cure, di recidiva di malattia, dell’organo colpito, e così via, perché – a mio parere – non sono affatto casuali.
In altri termini, i vostri animali, con le loro caratteristiche peculiari e meravigliose, in qualche modo cercano di richiamare la vostra attenzione sulla loro salute, questo è certo, ma ancora prima sulla vostra salute, e sul vostro benessere sia esso psicologico, emotivo, fisico e spirituale. Non rifiutatevi di ascoltarli.
Buon percorso a tutti voi.
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